domenica 15 aprile 2012

Il Telefono di Cristina.





Qualcuno dice che sono i nostri tempi.
La tecnologia.
Il digitale.
Io non ci credo.
Prove e fatti alla mano.
È così da sempre.
Non so ancora per quanto.
Forse per sempre.
Il nascosto, il promiscuo.
Dalla mia solitudine è più semplice.
Una solitudine scelta, decisa.
Nella chiarezza.
Parola complessa la chiarezza.
Che va ben oltre qualsiasi morale.
Anche oltre l’etica.
Ma non riesco a comprendere.
Le fiacche vite che sopravvivono al buio.
Di famiglie tenute insieme con il Bostik.
Di non famiglie.
Di trombamici.
Ovvio che sono io il limitato.
Ma da questa posizione di privilegio.
Della mia solitudine scelta.
L’orizzonte è troppo chiaro.
Non da giudice.
Ma da semplice osservatore.
Distaccato.
Dovrei ricavarne ironia e divertimento.
Ma proprio non mi riesce.
La rabbia è lontana ormai.
Ma il fastidio permane.
Di conoscenti che narrano, che devo ascoltare.
Bugiardi patentati.
Nascosti dietro al “bene dei figli”.
Come se i figli non sentissero.
Non lamentiamoci di generazioni perdute.
Non lamentiamoci e basta.
Di nulla.
Le generazioni perdute le abbiamo create noi.
Per semplice vigliaccheria.
Per un  loro “bene” confuso con le nostre convenienze.
Stabilità.
Con l’esempio di vite finte.
Bugiarde.
Promiscue oltre qualsiasi promiscuità.
Così nei telefoni si celano segreti.
In condivisibili con le persone con le quali si finge di condividere la vita.
Guai ad averne l’accesso.
Si spezzerebbe tutto.
Legami e bene per tutti.
Si celano segreti nei profili di facebook.( ma avesse un chimica almeno ….. un profumo …. un sapore …).
Nelle sue password.
Quanto nei pin di un telefono.
Quattro o più cifre, con dentro tutto un programma.
L’algoritmo dell’infelicità.
Si celano nella contrattazione di serate “libere”.
Nelle coperture degli “amici”.
Per uscite tanto apparentemente innocenti quanto “scure”.
La solitudine impone la tolleranza.
Credo la forma più evoluta di civiltà.
E la tolleranza non prevede un giudizio ma solo necessaria, semplice, constatata osservazione.
La sorgente di tutto è la speculazione.
La convenienza.
La convenienza di evitarsi.
Di evitare giudizi pubblici e pesi insopportabili.
La speculazione di possedere tutto in regola.
Almeno nell’apparenza.
Per poi scovare promiscue emozioni necessarie per vivere.
Che non vivono più con te.
Nel contenitore del “normale”, del pubblicamente sopportabile.
Basta un semplice atto di onestà.
Facciamo tutto, senza limiti ne riguardi.
Ma evitiamo di farlo nel nome del “bene” di qualcuno.
Meglio un kibbutz per i figli.
Per chi ne ha.
Che la stanca finzione di un esempio nebbioso.
Per chi non ne ha faccia ciò che vuole.
È sempre stato così.
Forse lo sarà sempre.
Di rapporti umani ne sopravvivono infiniti.
Nei loro equilibri squilibrati.
Ma ho una certa convinzione.
Come un prurito insopportabile.
Quasi certo.
Da una posizione di chiarezza scelta.
Limpida e trasparente come acqua di sorgente.
Tanto che, povera di sali minerali, finisce per non poter dissetare nessuno.
Quindi sbagliata lei, non la gasata colma di CO2.
La convinzione persiste.
Perché il ghiacciaio di una solitudine semplice non ha fine.
Come possiamo sperare un meglio partendo da un peggio?
Non un meglio morale.
Non uno etico.

Ma almeno cristallino?

FranzK.

1 commento:

  1. Il valore delle cose ... ricordi? Ti voglio bene Franz, ...te ne vorrò sempre...

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