martedì 27 dicembre 2011

Il regno dell'immondizia





Benvenuti, nel regno dell’immondizia.
Sarebbe necessario scriverlo, con una bella calligrafia, colorata.
All’ingresso di ogni reparto di ostetricia del mondo.
Scusate, non scherziamo.
Di quasi tutto il mondo.
Sarebbe necessario stamparlo, in nerofumo,  sulle cravatte griffate, le giacche alla moda, le lozioni antiforfora dei maschi.
E sulle scarpe, le borse, le pellicce di animali veri o sintetici, i rossetti, le creme antirughe delle femmine.

Benvenuti nel regno dell’immondizia.
A tutte le ideologie.
E a tutte le loro fanatiche idiozie.
Dalle infinite Wall Street alle infinite Piazze Rosse del mondo.
Benvenuti nel regno della crescita delle discariche.
Non in quello dei consumi ma in quello degli sprechi.
Non in quello della felicità ma in quello della sofferenza.

Mi sono ricreduto, dopo notti e notti senza sonno.
Dopo aver letto e riletto il contributo del Prof. Sertorio di qualche post precedente.
Devo allargare il concetto, scavarlo a fondo.
Non viviamo nel regno del petrolio, ma in quello dell’immondizia, della “scoria”, del rifiuto.
Intrinseco  e trasversale a tutti i modelli sociali, a tutte le economie.
Da quella consumista a quella anticonsumista.
Da quella morente a quella già morta.

Produciamo ricchezza o immondizia?
O sono la stessa cosa?
L’altro giorno sono andato al supermercato per la mia piccola spesa settimanale(vivendo solo è piccola).
Sono tornato a casa e l’ho sparpagliata sul tavolo, osservandola attentamente.
Ma cosa ho comprato?
Contenuti o contenitori?
Quale il maggior valore tra i due, tralasciando l’energia spesa per il trasporto, mio, e tutti quelli prima del mio.

Ho cominciato a rimuovere le prime eccedenze inutili ai fini della mia sopravvivenza: il pre-packaging.
Il contenitore del contenitore, ho preso un sacchetto e l’ho riposto quasi riempiendolo.
Poi avrei voluto rimuovere anche il resto, il packaging, ma ho pensato che non era Quaresima e mi sono fermato solo a ragionarci un po' sopra.
Mi chiedevo della tecnologia, per produrre quello che era nutrimento rispetto a quella che era il suo contenitore.
La tecnologia del pomodoro pelato contro la tecnologia della scatola in banda stagnata del cilindro metallico della sua cassaforte, dell’altra ancora del rotolo di carta, ricoperto di vivaci scritte e colori, che lo avvolgeva ben saldo ad esso grazie ad un potente adesivo.

Bisognerebbe fornire soluzioni non descrivere problemi vero?
Fosse così semplice.
Ma credo che il metodo scientifico prima delle soluzioni deve descrivere problemi.
E, più che un pensiero, è un dato di fatto, riconosciuto, certificato oltre che personalmente vissuto.
Torniamo alle scorie.
Sul mio tavolo ne intravedo in quantità industriale e mi pongo un’altra domanda.
Quale sarà il rifiuto del mio corpo nutrito da tutti quei beni, rispetto al rifiuto prodotto per poter essere distribuiti?
Un altro brutto pensiero, passo oltre.

Ad un pensiero ancora più brutto però.
Apro una confezione di yogurt, ho scoperto da poco che mi piace, lo mangio e finito, mi rimane in mano uno stupendo cilindro cavo di plastica e il suo coperchio.
Non posso buttarlo così, tutto ancora imbrattato di Lactobacillus lactis , nel contenitore della plastica riciclata vicino alla dispensa.
Lo lavo prima, mentre almeno il tappo lo lecco, poi butto tutto.
Butto il contenitore, il suo coperchio e l’acqua che ho sporcato.
Tutta roba mia, pagata, che butto.

Non mi serve più, anzi è un impiccio, non so proprio che farmene di quel piccolo capolavoro di tecnologia.
Si è improvvisamente trasformato da necessità in fastidio, adesso la necessità è di rimuovere il fastidio.
E quando hai un fastidio sei pronto a pagare, ancora.
Pagare qualcosa che ti appartiene, affinché qualcuno te ne possa privare.
Certo che pagare qualcosa che ti appartiene ……… per privartene ........ che poi verrà riciclato a quanto dicono, per ripagarlo ancora, ancora e ancora.
Per il PET, polietilentereftalato, almeno otto volte, poi anche lui dentro a un buco.
Petrolio che esce da un buco e ritorna a casa, trasformato in altro modo con altro petrolio, trasportato con altro petrolio ancora, in un altro buco.

E durante la sua vita ha generato di tutto: ricchezza, posti di lavoro, sfide della mente, nuove tecnologie.

Peccato che alla fine è diventato un rifiuto, brutto e cattivo.
Leggevo su un giornale che nel mio piccolo paese natale, sito della più grossa discarica della provincia di appartenenza, si è deciso un largo raggio di “stop, di qui non si passa”, si temono contagi.
E ci preoccupiamo per le armi chimiche?
Le abbiamo in casa.
Mi chiedo se tutta la tecnologia (capacità di elaborazione del pensiero per un miglioramento pratico della vita) dispiegata a favore della filiera di tutti quei processi non sia in grado di generarne una, per evitarli.

Ti ricordi amico mio?
Mi avevi invitato con un innocente sotterfugio ad un congresso e io, per le cose che ho detto, oneste e sincere quanto vere, sono finito tra le scorie per due anni e mezzo.
Ti ricordi quando scrivevi libri sulle industrie farmaceutiche?
Ti ricordi che davanti ad un bicchiere di buon vino rosso eravamo arrivati ad una semplice conclusione?
Il loro ultimo logico scopo sarebbe stato, per buonsenso, per statuto, quello di chiudere, risolvendo tutti i mali degli uomini.
Ma un’industria non può avere come obiettivo quello di chiudere ma quello di crescere, di espandersi.

Potremmo costruire televisori che durano una vita.
Abbiamo cicli frigoriferi che ne garantiscono la durata quattro volte superiore a quella utilizzata convenzionalmente.
Potremmo avere automobili con consumi ridotti e quasi mai rotte.
Elettronica semplice per non finire, per smaltirla come “lavoro tra i più pericolosi” nei paesi africani.
Tecnologie per minimizzare gli sprechi, in moda da fruire in maggior misura del consumo inteso come bene, vero.
Ma andrebbe tutto a rotoli.
Si spezzerebbe il cerchio, il vortice.

Così  invece abbiamo montagne di brodo primordiale sorvegliate come centrali atomiche, con gli stessi tempi presunti di bonifica, una cinquantina d'anni. (presunti).
Forse con gli stessi rischi.
Autodemolitori stracolmi di veicoli quasi nuovi.
Treni carichi di plutonio senza destinazione certa. (neanche più nel povero est …… )
E ricchezze che diminuiscono …..
Riguardo le risorse sorvoliamo.

Che il cerchio, il vortice, si sia rotto comunque?

L’altra sera sono passato da amici per gli auguri natalizi.
C’era un neonato, uno splendido bimbo con gli occhi azzurri come il cielo.
Gli ho fatto quattro grattini sulla pancia e lui si è aperto in uno splendido sorriso.
Dalla tutina felpata che lo avvolgeva, spuntava l’angolo di un foglio di carta con delle scritte.
L'ho preso e ho letto il contenuto.

Benvenuto, hai trentamila euro di debito.
Benvenuto tra noi, nel regno dell’immondizia.

Bisognerebbe fornire soluzioni non descrivere problemi.
Non sarebbe un problema se il problema fosse confinato.
Uno, univoco.
Ma la sua natura è circolare, vorticosa, un treno in corsa senza freni, un treno che tanto ci dà, e tanto è in pericolo di uscire dai binari.
Non voglio trasmettere tristezza, negatività, ma gli stessi stimoli che attanagliano me.
Le stesse vorticose irrequietudini.
Quelle relative alla verità, proprio per non uscire dai binari.
Dobbiamo fare qualcosa, siamo seduti tutti su quel treno, corriamo tutti gli stessi rischi, è necessario che tutti i viaggiatori diano il loro contributo.
Prima che il treno deragli.
Dobbiamo farcela, sono certo che ne verremo fuori.
La stretta di quelle piccole falangi sulle mie nerborute mani me lo hanno trasmesso.
Un altro uomo, un'altra vita, un'altra intelligenza, un'altra speranza.
Energia nuova, la più importante, l'unica possibile per risolvere i nostri dissesti, per frenare in tempo.

Oltre la gravità.
L'energia delle Persone.
Che saprà costruire il regno della felicità, non quello dei rifiuti.
Io ci credo.
E voi?

FranzK

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