sabato 10 aprile 2010

Portatore malato.



 [http://www.youtube.com/watch?v=SBZKj2Ng2YY]


Il tempo.
E l’energia.
L’energia.
Fuori dai vettori una cosa sconosciuta.
Quanto l’amore.
Di cui non si finisce di scrivere.
Perche non si finisce di capirlo.
Come l’energia.

Il vettore.
Il vettore è un piccolo vagone carico di energia.
Non differente da quando lo trovi carico d’amore.
Ecco.
Vedo vettori.
Non energie.
Come vedo uomini e donne.
E non amori.

Oggi una persona mi ha chiesto perché non scrivo dell’amore.
Non una persona qualunque.
Poco dopo un’altra perché non  scrivo delle mie verità.
Una persona sconosciuta.
Alla prima ho risposto che per scrivere di una cosa è necessario averla vissuta.
E anche alla seconda ho risposto così.
Per parlare di qualcosa, per scrivere di qualcosa, è necessario averlo vissuto.
Su di sé credo.

E la prima mi impedisce di conoscere l’amore.
Quanto alla seconda è sufficiente un epitaffio.
Come posso essere vettore?
Vagoncino.
Se non ho binari?
Anche se sono carico di energia e di amore?
Vagoncino senza binari.
Con binari morti.

Mi sento sconosciuto.
Come l’energia.
E l’amore.
Un vettore senza meta.
Senza accensione.
Senza scopo.
Con due pezzi di ferro paralleli.
Strappati da di sotto.

Come posso scrivere d’amore?
E di verità.
Se non mi ammalo?
Completamente.
Sulla mia vecchia pelle.
Di quelle miracolose malattie.
Di cui il mondo ha necessità?
Come faccio a diffondere la pandemia?

Fatemi ammalare.
Capire, incidere sulla pelle.
Sulla mia vecchia pelle.
Piena di passioni.
La tremenda stupenda malattia.
Della conoscenza e dell’amore.
Perché io possa ammalare tutto il mondo nell’unico modo possibile.
Come portatore malato, non sano.

Franz.K

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