martedì 23 febbraio 2010

Aracnofollia.




 [http://www.youtube.com/watch?v=yqvYsbN1yEQ&feature=related

Ancora non molto tempo fa, nelle terre di mezzo comprese tra le alte vette e le paludose pianure,  resistevano leggende e credenze popolari davvero incredibili.

Sentite che storia.

Si era tra il cinquanta e il sessanta di un imprecisato secolo.
Due vecchi duraturi zitelloni si sposarono.
E lei andò ad abitare nella casa e nel paese del suo lui.
Sufficientemente distante dalla sua, almeno per i mezzi di allora, da sentirsi in terra straniera.
D'altronde l’uomo che aveva sposato aveva una bella azienda agricola e la disponibilità di una casa di proprietà.

Un uomo che aveva rappresentato da sempre un modello di rettitudine per tutti.
Un uomo oltremodo molto attraente.
E con un ottima posizione sociale.
Provate a pensare alle femmine del paese.
Quando dopo essere state rifiutate una ad una,  lo videro accasato con una straniera.

Ma questo è nulla.
Quell’uomo era anche particolarmente amato dai suoi familiari.
In particolare dalla sorella che affetta da una grave malattia congenita, non era donna da marito.
Ma anche dalla madre.
Non dal padre, per motivi molto particolari.

Perché il padre era stato per lungo tempo un vero donnaiolo.
Uno di quelli senza scrupoli né limiti.
Tanto che una delle sue innumerevoli innamorate decise di sposare il fratello per vivergli addosso tutta la vita.
Nella porta a fianco.
E quel figlio tanto più amato di lui dalle donne, quanto impedito dalla propria rettitudine a trarne gli scontati vantaggi, che si sposava a quarant’anni per amore, con una straniera, lo mandava su tutte le furie.

L’intrepida quanto folle amante del padre, aveva generato, attraverso l’unione con il fratello una stirpe maledetta.
Un figlio maschio anche da quella parte, maschio e unico.
Figlio non certo di buoni sentimenti.
Della vendetta di sicuro.
Una situazione che aveva fatto di quegli stretti cortili e appiccicose corte distanze, luoghi di tensioni elettriche oltre il milione di volt.

Ma torniamo alla nuova coppia di giovani vecchi sposi.
L’età avanzata di entrambe non lasciava molto spazio alla decisione della procreazione .
Era necessario sbrigarsi.
E non passò che qualche mese che nel ventre della donna sgambettava una vita.
Mentre nella triste casa del cugino, figlio della vendetta, la vita non voleva saperne di entrare.

Si racconta che ormai certa della gravidanza la lei straniera decise una sera di confidarlo al suo lui.
Poco prima di coricarsi, sprofondando nel morbido materasso di piuma d’oca.
Era raggiante e particolarmente bella di quella bellezza che solo la maternità è in grado di regalare ad una donna.
Lo prese per mano e conducendolo verso il talamo gli sussurrò la novella.
Poi,  seguendo il suo stupore con un sorriso, scostò con grazia le coperte e le linde lenzuola per coricarsi.

Lo sguardo di lui virò velocemente dal celeste della felicità al giallo cadmio del terrore.
Lei che era ormai affondata dentro il materasso si accorse del cambiamento e di un preciso punto del letto che gli occhi di lui fissavano sbigottiti e terrorizzati.
Un ragno di dimensioni mai viste stava iniettando il suo veleno nel braccio disteso della donna.
Un essere enorme, appiccicoso e ricoperto di vesciche purulente.

L’urlo della donna scosse i muri dell’intero villaggio.
Mentre il suo lui cercava di colpire con la cinghia dei pantaloni quel mostro per ucciderlo.
Ma quell’assurdo aracnoide schivate le frustate si infilò furtivo sotto le coperte ancora tese sul letto.
L’uomo le prese per il lato libero e le strappò con furia cieca, scoprendo il peggio di quella verità.
Da una grossa massa scura pullulante di movimenti schizofrenici si staccarono a raggiera una infinità di piccoli ragni.

La loro grande madre era ormai sfuggita mentre loro cercando di seguirne la sorte compivano il loro compito.
Lasciare il messaggio.
La spiegazione.
Di quell’assurdo accadimento.
Di quello spaventoso sortilegio.

Rincorrendosi in fila indiana sul candido bianco del lenzuolo e della vestaglia macchiata di rosso sul ventre, della donna svenuta, tracciarono con la loro corsa le trame di una parola.

Invidia.

Dicono sia accaduto veramente.
Anche se ogni volta che lo racconto stento a crederci.
Voi cosa ne dite?
Non ci credete vero?
Proprio come me.

Ma ditemi solo una cosa:

Cos’e quell’ombra scura che intravedete con la coda dell’occhio sulla vostra spalla sinistra?

Franz.K

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